Al secondo film da regista, e con un'onorevole carriera di sceneggiatore alle spalle, appare chiaro che Gary Ross ama raccontare l'America e il suo passato. Nell'ottimo "Pleasentville" affrontava gli anni '50 come categoria dell'immaginario più che come dato storico, e riusciva a stanare il marcio dietro la superficie 'apollinea'. In "Seabiscuit" alza il tiro e prova la carta del grande affresco storico, una sorta di manifesto del New Deal roosveltiano. L'America è in ginocchio per la Depressione, stenti e paure collettive si rapprendono e si sublimano nella passione per un cavallo e il suo entourage. Howard, Smith e Pollard, rispettivamente proprietario, allenatore e fantino, sono tre uomini segnati dal dolore cui la vita concede una 'seconda chanche': il popolo li amerà proprio perché solo loro, e altri eroi 'sportivi' del tempo, incarneranno quella 'libertà di fare fortuna' che la Costituzione sancisce e le condizioni del paese smentiscono categoricamente.
La prima mezzora potrebbe lasciarvi perplessi, ma quando la storia prende corpo non potrete fare a meno di versare qualche lacrimuccia!
Film, a mio parere, fantastico.
Voto: 9