Finalmente ce l’ho fatta. Dopo mesi di stress milanese, ingoiata dal turbine lavoro-palestra-cinema-concerti-bollette da pagare-bollo da rinnovare-oddiocosamimetto questa sera...., parto. Me lo merito. Poco bagaglio, sacco a pelo, la mitica Lonely Planet, un biglietto aereo, 2 visa non-si-sa-mai, macchina fotografica e tanta, tantissima voglia di fare, vedere, scoprire, vivere fino in fondo questa nuova avventura messicana.
Ho avuto un assaggio di Messico molti anni fa, Puerto Vallarta, Jalisco, meta turistica per americani benestanti sulle coste dell’Oceano Pacifico, ma solo ora , dopo aver viaggiato per un mese –uno soltanto purtroppo- tra alcuni degli Stati che compongono la Federazione , mi rendo conto di aver gustato allora solo sapori e odori coperti da un foglio di cellophane colorato. Forse è stata la voglia di saperne di più, forse i racconti di amici entusiasti, forse un libro, "La polvere del Messico" di Cacucci, regalato da un amico –così, perchè devi leggerlo- che mi ha fatto dire addio ad altri progetti di viaggio e partire nel cuore del Centro America, senza sapere bene dove andare, ma sicura che non ne sarei rimasta delusa.
E allora partenza! Via Madrid e in meno di un giorno, mi trovo catapultata dall’altra parte dell’Oceano. Mexico City. O DF - Distrito Federal - o ancora "Mexico", soltanto. Lei , con 22 (ventidue), e forse più milioni di abitanti adagiati su un’ampia zona pianeggiante di 2000 kmq, a 2240 m d’altezza. Senza fiato, ti lascia, quando dall’aereo atterri dopo chilometri di case colorate, palazzi coloniali, baracche che paiono estendersi all’infinito. Che impatto. E che sorpresa, trovarmi a passeggiare tra le strade del Centro Historico, tra venditori ambulanti, pannocchie grigliate, suoni di tamburi e centinaia di maggioloni verdi VW, senza il terrore di essere derubata! Ho già buttato alle spalle tutto il peso della routine, sento i muscoli distendersi, sorrido, inebetita dall’immensa piazza principale: lo Zócalo per eccellenza, la più grande piazza in cui mi son mai ritrovata nel mio girovagare. Mi siedo sul pavimento caldo, di fronte alla cattedrale, mi mangio una pannocchia bollita con mayonese, formaggio (queso) e chile e mi sento al Centro del Mondo.
Tre giorni tra le vie pullulanti di gente, abbagliata dai mille colori, mi perdo nella storia del Messico raccontata nei murales di Riveira e nel Museo del Templo Major, del quale ormai non restano che basse mura di pietra circondate da un recinto di ferro.Mi sforzo di immaginare come doveva essere allora, questa immensa piramide eretta nel punto in cui gli Atzechi videro l’aquila appollaiata su un cactus, con un serpente in bocca (immagine che è tuttora il simbolo del Messico): il Centro dell’Universo; ma il profilo della possente cattedrale spagnoleggiante che si erge al suo fianco mi proietta più avanti nel tempo, nel bel mezzo dell’invasione spagnola. Mi rattristisco e decido di andare alla zona archeologica di Teotihuacán , la più grande città del Messico Antico, ricostruita, pietra su pietra, per la gioia dei turisti e per preservare la memoria storica. Lavoro eccellente: dominare l’antica città e le valli circostanti seduta sull’ultimo gradino dell’enorme Piramide del Sol è un’emozione che toglie il respiro e lascia libero il pensiero di viaggiare nei primi secoli del vecchio millennio...
Con ancora i canti e i suoni dei Mariachi, storpiati da un’abbondante flusso di tequila, mi lascio alle spalle Città del Messico , con un misto di euforia e già nata malinconia , per raggiungere Taxco, graziosa cittadina coloniale a 170 km dalla Capitale. L’argento qui si trova ovunque, basta lasciarsi trasportare dalle innumerovoli viette acciottolate che si inerpicano sulla collina, tra case cadenti, negozi e ristoranti curatissimi, giardinetti improvvisi. Tanti turisti, troppi, così come lo smog innalzato da miriadi di vecchi combi e maggioloni Volkswagen (rispettivamente mini autobus e taxi), che sbucano e si arrampicano ovunque, anche sulle ripide salite a 70 gradi! Fantastici. Io, opto per la teleferica, che mi porta su una delle vette che circondano Taxco (chiamata appunto Monte Taxco), presidiata dall’albergo più "inn" e più caro della zona . E al fresco sapore di una Margarita, mi godo lo splendido panorama.
Due notti in questa bella cittadina e poi di nuovo in partenza, con lo zaino in spalle: direzione Oaxaca, via Cuernavaca e via Cuautla. Tre autobus, una notte non programmata a Cuatla (come sentirsi un’aliena nel mezzo di niente), un percorso tortuoso, ma affascinante, a iniziare dall’acquisto del bilglietto: provateci voi con uno spagnoingleseitaliano a pronunciare questi nomi pieni di aspirate! Ma ci sono abituati loro, i Messicani, a noi italiani e alle nostre facili pretese che basta aggiungere una esse per parlare spagnolo e quindi, alla fin fine, ci si capisce. Gente straordinaria, amichevole, disponibile. Davvero, e se vi capita di prendere autobus di seconda classe, gremiti di gente locale con bambini, sacchi di mais, e venditori di creme e palline miracolose per la pelle, ve ne accorgerete. Ci si può fare anche una bella chiaccherata o, al limite, se proprio non vi viene l’ispirazione, ascoltare i loro racconti di vita facendosi cullare dall’armonia della loro lingua....
Viaggio in Messico, un racconto trovato in rete
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- ADMIN
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Di seguito un racconto trovato in rete su un viaggio in Messico